Cinema & Lavoro - Le schede
film: Smetto quando voglio Masterclass

Ritroviamo all'inizio la sottovalutazione intellettuale dei geni italici,
anche se per cavalcare la «fuga di cervelli» li vanno a cercare all'estero

La settima arte e il lavoro

Affrontare i grandi temi del lavoro, del sindacato, della partecipazione e della rappresentanza ricorrendo al linguaggio universale del cinema. Con Cinema & Lavoro vogliamo proporre non solo titoli da guardare e gustare, da soli o in compagnia, ma anche offrire spunti di riflessione rinunciando agli schemi della formazione accademica.

SYDNEY SIBILIA

Smetto quando voglio. Masterclass

Stavolta la banda dei professori, il neurobiologo (Edoardo Leo), il chimico (Stefano Fresi), gli esperti di semiotica ed epigrafia latina (Lorenzo Lavia e Valerio Aprea), l’archeologo (Paolo Calabresi), l’economista (Libero De Rienzo) e l’antropologo (Pietro Sermonti), più un avvocato specializzato in diritto canonico (Rosario Lisma), dovrà lavorare in incognito per la Polizia al fine di smantellare il redditizio traffico di smart drugs della Capitale, al cui vertice scopriremo esserci un altro “luminare” (Luigi Lo Cascio). La polizia, nella persona dell’ambiziosa ispettrice Paola Coletti (Greta Scarano), promette loro di rilasciarli a lavoro concluso, con la fedina penale pulita. Per realizzare l’impresa si affideranno alle prestazioni di due cervelli in fuga: un anatomista di stanza a Bangkok (Marco Bonini), che si guadagna da vivere con i combattimenti clandestini, e un laureato in ingegneria meccatronica (Giampaolo Morelli) che, non trovando nulla in Italia, si è trasferito a Lagos, Nigeria, per smerciare armi low cost ai signori della guerra.

Clicca sull'immagine per vedere la video presentazione di questo film sul nostro canale YouTube. Nella descrizione del video sul canale YouTube CISL FP Verona troverai anche i link alle piattaforme di streaming che rendono disponibile il film alla visione.

Il cast del film

  • Regia: Sydney Sibilia
  • Attori: Edoardo Leo, Valerio Aprea, Paolo Calabresi, Libero De Rienzo, Stefano Fresi, Lorenzo Lavia, Pietro Sermonti, Marco Bonini, Rosario Lisma, Giampaolo Morelli, Luigi Lo Cascio, Greta Scarano, Valeria Solarino, Neri Marcorè
  • Sceneggiatura: Sydney Sibilia, Francesca Manieri, Luigi Di Capua
  • Fotografia: Vladan Radovic
  • Montaggio: Gianni Vezzosi
  • Scenografia: Alessandro Vannucci
  • Costumi: Patrizia Mazzon

Dati tecnici

  • Durata: 118 minuti
  • Colore: colore
  • Genere: Commedia
  • Produzione: Domenico Procacci, Matteo Rovere per fandango, Groenlandia con rai Cinema.
  • Distribuzione: 01 Distribution
  • Data di uscita: 2 febbraio 2017

Recensioni

Piacerà a chi avrà il modo di constatare che il primo 'Smetto' non è stato un bluff, ma la messa in vetrina di un gruppetto di talenti dai quali si possono attendere cose notevoli. Sibilla si conferma grosso direttore d'attori (occhio a Greta Scarano). E non si fa intimorire dalle scene d'azione. (Giorgio Carbone da Libero del 2 febbraio 2017).


Ricomincio quando voglio. Come i suoi eroi, Sibilia non solo non lascia ma raddoppia, girando due seguiti in un colpo solo. E va bene così: la banda dei ricercatori era così ben congegnata e ricca di spunti, su tutti i livelli, che accettare la sfida del sequel era doveroso. Per il terzo episodio ci sarà da aspettare qualche mese. Ma il secondo, 'Masterclass', è (quasi) tutto da godere, con qualche riserva ampiamente riscattata dalle sorprese. Cominciamo dalle riserve dunque, perché anche il film è a carburazione lenta. L'inizio è un poco macchinoso, i dialoghi prevalgono sull'azione, bisogna ricapitolare, introdurre i nuovi personaggi, costruire il congegno che riunirà la banda. Su basi nuove ma non troppo diverse. (...) il lato (simpaticamente) macchinoso della faccenda (...) decolla davvero nella seconda parte, quando Sibilia e i suoi co-sceneggiatori (...) catapultano la nuova banda, con i suoi vecchi vizi e i punti deboli che ben conosciamo, in un film d'azione all'americana, o quasi (in quel 'quasi' sta il bello). Con inseguimenti, scazzottate, edifici distrutti, combattimenti su treni in corsa. Arricchiti da ingredienti e ironia di casa nostra. (...) Non tutto fila alla perfezione, è vero, ma è ancora più vero che Sibilia, sorretto da un'efficiente macchina produttiva, tenta una direzione insolita e decisamente spericolata con padronanza, inventiva e divertimento. Appuntamento al terzo episodio. Confidando in un'esecuzione ancora più accurata. (Fabio Ferzetti da il Messaggero del 2 febbraio 2017).

Se la buona idea del prototipo non può più essere una sorpresa, l'episodio 2 riesce però a rinnovarsi aggiungendo una quota d'azione desunta, ancor più che dalle serie hollywoodiane, dal poliziottesco nazionale anni 70. (...) La buona notizia è che Sibilia se la cava bene con le sequenze d'azione, tra cui un assalto al treno. La meno buona è l'eccessiva moltiplicazione dei personaggi, perlopiù ridotti a figurine." (Roberto Nepoti da La Repubblica del 2 febbraio 2017).

Colpito dalla stessa sindrome dei suoi eroi anche Sydney Sibilia non è stato capace di smettere quando voleva e invece di «accontentarsi» di un sequel del suo fortunato esordio ne ha voluti girare due (...). Il che avrà indubbiamente avuto i suoi vantaggi dal punto di vista produttivo ma non da quello creativo perché ha finito per trasformare 'Masterclass' in una specie di lunghissimo trailer dell'episodio successivo, come si dice apertamente negli ultimi minuti del film. Nel senso che l'aver lavorato insieme i due film deve aver spinto gli sceneggiatori (cambiati radicalmente rispetto al capostipite: perché?) a un inevitabile lavoro di «risparmio» e di «collegamento», il cui risultato però è andato tutto a svantaggio dell'invenzione e dello spettacolo. Convinto di avere materiale per una «saga» (ipse dixit), Sibilia probabilmente pensava di potersi comportare come la Marvel fa con i suoi super-eroi, usando i poteri dell'uno o dell'altro per caratterizzare i vari appuntamenti cinematografici. Senza pensare che quei film potevano contare su una memoria condivisa grazie al loro passato a fumetti (con cui l'annunciata iniziativa editoriale italiana non può certo competere), ma soprattutto senza volersi rendere conto che la vera invenzione di 'Smetto quando voglio' - l'originale - non era nelle super competenze dei suoi eroi ma nel fatto che quelle abilità fossero sottovalutate e umiliate dalla società: ci si divertiva di più nella prima parte del film, quando scoprivamo che un chimico era finito a fare il lavapiatti o un latinista faceva il benzinaio e tutti insieme cercavano un riscatto 'extra leges', piuttosto che nella seconda, quando diventavano il solito gruppo di coatti alle prese con troppi soldi facili. Così, in 'Masterclass', ritroviamo all'inizio la sottovalutazione intellettuale dei geni italici, anche se per cavalcare la «fuga di cervelli» li vanno a cercare all'estero (esagerando talmente tanto nella caratterizzazione che in corso d'opera finiranno per essere quasi messe da parte), per poi indirizzare il film in un lungo gioco degli equivoci che la sceneggiatura (...) non riesce mai a vivificare davvero. (...) una ripetitività e una meccanicità narrativa ai limiti della monotonia. I pochi elementi di divertimento dovrebbero nascere dall'impossibilità per Pietro di dire la verità alla fidanzata in dolce attesa (Valeria Solarino), ma anche qui gli spunti sono sfruttati in maniera rozza e superficiale. Perché? Probabilmente per usare la seconda parte del film soprattutto come prequel della terza puntata (...). Peccato che per stiracchiare l'idea alla lunghezza di un doppio film ogni possibile credibilità in 'Smetto quando voglio -Masterclass' sia finita a gambe all'aria. Resta una domanda: riusciranno i nostri eroi a ritrovare nel prossimo film il divertimento misteriosamente (ma nemmeno troppo) scomparso in questa puntata? Evidentemente ce lo auguriamo così come speriamo che qualcuno cerchi di riflettere sui rischi di confondere le farse all'italiana con le saghe hollywoodiane." (Paolo Mereghetti da il Corriere della Sera del 30 gennaio 2017) .

'Smetto quando voglio - Masterclass' è un esempio estremamente calzante di un cinema «locale» di taglia internazionale che si concede il lusso di esserlo su una base nazionale ma non più nazionalista o protezionistica. Insomma: un cinema sostenibile che non invoca eccezioni culturali. In questo senso l'ostacolo del sequel è brillantemente superato adottando un'ottica seriale, anche se a tratti intriga più la gestione dell'operazione che le eventuali meccanicità di alcuni passaggi di sceneggiatura o i tratti di alcuni personaggi ridotti alle loro funzionalità narrative. Le gag del film sono molto lontane dalla tradizionale scrittura della commedia all'italiana avendo come modello la sintesi di un «webisode». L'aspetto senz'altro più interessante è la modalità con la quale il film si riappropria della mitologia urbana del territorio di Roma. Con crasi tipicamente filmica (quelle che sembrano) le Mura aureliane, l'Eur, Civitavecchia, la Basilica di Massenzio compongono una geografia lunare, offrendo l'immagine di una città «altra», vicina alla Roma di 'Jeeg Robot', post-'Suburra'; un territorio schiettamente «fantastico». Ed è grazie a questa profonda intuizione (una sorta di «crisi della ragione cartografica» su scala infinitamente minore...) che il set-piece finale, l'inseguimento del treno con i side-car (inevitabilmente si pensa a Castellani e al suo «treno blindato») che il film riesce a scivolare da una dimensione di action-movie demenziale, landisiano, alla commedia stile Nanni Loy (dalla quale sembra provenire la magnifica faccia di Francesco Acquaroli, una specie di fratello maggiore di Michael Shannon). Senza contare le musiche, deliziosamente citazioniste di Michele Braga, che reinventano il Micalizzi funky e «poliziottesco». Anche il montaggio, di Gianni Vezzosi, risponde alle esigenze di un film fluido e veloce, mentre la direzione della cinematografia, pop, sottilmente fumettistica, a firma di Vladan Radovic, contribuisce genialmente a derealizzare il «tutto». 'Smetto quando voglio - Masterclass', al di là di qualche manierismo attoriale e di qualche fragilità, è l'esempio convincente di un cinema italiano pronto ad accogliere le sfide di un mercato globalizzato senza rinunciare allo specifico di quanto contribuisce alla sua identità ormai crossmediale. Come una «terza via» del cinema italiano." (Giona A. Nazzaro da Il Manifesto del 2 febbraio 2017).

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