Recensioni al film:
"Le sei donne che hanno messo mano al film, pur dicendo sempre la verità
storica, evitano gli atteggiamenti manichei ed enunciano tutto con
molta obiettività. I fatti, del resto, sono quelli, e quelli sono i
personaggi, inventati o reali, proposti sempre con stile e tramite
immagini spesso dai colori nebbiosi che coincidono con quei climi
londinesi in cui si riflette tutto il film. Lo sostengono interpreti di
fama, quali le inglesi Carey Mulligan ed Helena Bonham Carter e,
regalata da Hollywood, la grande Meryl Streep, tutte convinte a gridare
«voto alle donne!», ma con britannica misura." (Gian Luigi Rondi da Il
Tempo del 3 marzo 2016).
"Nel primo decennio 900 le donne lottano per avere diritti civili e poter
votare. La bella lavanderina si unisce a signore illuminate unite
contro lo sfruttamento. Puntuale e precisa, utile e corretta
ricostruzione di un movimento popolare che cerca di cucire pubblico e
privato. L’ascesa resistibile di Carrey Mulligan, fiammata di Meryl
Streep".
(Maurizio Porro, dal Corriere della Sera del 10 marzo 2016).
"Una storia di lotta, una storia di dolore, ma soprattutto una storia
poco nota. Finalmente il cinema riscopre le bellicose suffragette
inglesi, così diverse dalle timorate cugine Usa, con questo tuffo nella
Londra primo '900 che rievoca figure come Emily Wilding Davison, prima
martire della causa, e la leader Emmeline Pankhurst (Meryl Streep), che
meriterebbe un film a sé (...). Anche se per evitare il 'biopic' le
autrici mettono al centro l'immaginaria Maud (Carey Mulligan), lavandaia
sposata a un dipendente della stessa enorme tintoria (uno dei punti di
forza del film, più a fuoco nello sfondo che nel racconto).
Sottolineando la natura interclassista di questo movimento che non
esitava a incendiare edifici (vuoti) e cassette postali per vincere
indifferenza e censura. (...) Difficile non essere emotivi con una
materia simile, e il film non risparmia le scene forti. (...) Eppure il
racconto non decolla , malgrado il cast di serie A. (...) tra le cose
belle di questo film diseguale ci sono le immagini d'archivio dei
solenni funerali con cui Londra salutò l'attivista morta 'in diretta'
all'ippodromo di Epsom, sotto l'occhio delle cineprese di tutto il
mondo." (Fabio Ferzetti, da Il Messaggero del 2 marzo 2016.
"(...) un ritratto ben confezionato di eroina risvegliata dal movimento,
la candida e tenace Maud della Mulligan (...). Opera corale,
istruttiva, completa nel merito (dal sistema di emarginazione alla
violenza istituzionale al sacrificio), è affidata a documenti storici
approfonditi (diari, lettere). Richiama il cinema di coscienza civile
anni 70." (Silvio Danese, da la Nazione-Resto del Carlino-Giorno del 4 marzo 2016).
"Piacerà non solo alle femministe. Perché la regista è riuscita a
evitare le trappole del film in costume (le suffragette in film hanno
sempre sfiorato il ridicolo). Come? Mettendo in secondo piano la
Pankhurst (personaggio nemmeno simpatico, impersonato dalla quasi mai
simpatica Streep)." (Giorgio Carbone da Libero del 3 marzo 2016).
"Sarah Gavron per fare questo film ci ha messo diversi anni, insieme
alla sceneggiatrice, Abi Morgan, ha lavorato sugli archivi, le lettere, i
diari intimi e mai pubblicati di numerose donne come la protagonista
con l'obiettivo di raccontare la vera storia delle suffragette distorta
allora e di cui ancora oggi non si parla nelle scuole. (...) Nella
tradizione del cinema inglese «impegnato» popolare, senza gli elementi
disturbanti di un Ken Loach, 'Suffragette' si basa più sulla scrittura
(e molto sul cast a cominciare da Carey Mulligan che dà vita con molta
irruenza e sensibilità al personaggio di Maud Watts) che su la
messinscena con la bella intuizione però di mettere al centro non una
figura storica, la leader Pankhurs, ma una donna «comune», e la sua
conquista di una nuova sicurezza, che ne racconta molte altre.
«Ordinarie» come lei ma che hanno incarnato questa battaglia attraverso
passaggi sottili, emozioni instabili, paure e angosce. Quelle di Maud
Watts e quelle delle sue compagne, operaie come il personaggio di
Anne-Marie Duff (...). O la farmacista di Helena Bonham Carter,
determinata con coraggiosa ostinazione, che voleva essere medico e non
ha potuto studiare perché il padre lo ha vietato. La loro lotta è tutta
esterna, di sé queste donne parlano poco ma il film ci dice che la
battaglia continua e non solo perché in Arabia saudita il diritto di
voto le donne lo hanno ottenuto nel 2015." (Cristina Piccino, da Il
Manifesto del 3 marzo 2016.
"Dignitoso dramma in costume, che ripercorre la lunga battaglia delle
femministe inglesi verso l'emancipazione. (...) L'espressiva Carey
Mulligan guida la schiera delle coraggiose compatriote, lasciando le
briciole alla tonante ma defilata Meryl Streep." (Massimo Bertarelli,
da Il Giornale del 3 marzo 2016).