Covid 19 - Sanità veronese: perché non si può più andare avanti così. Serve una svolta.

"Se qualcuno pensa ancora che sia uno scherzo, allora è meglio che si ricreda, perché l'intensità delle segnalazioni che pervengono alla CISL FP di Verona sul livello di saturazione all'interno degli ospedali ha ormai raggiunto livelli mai visti prima". Sono le parole del Segretario generale Giovanni Zanini che in questi giorni sta lavorando gomito a gomito con Marco Nundini, segretario alla sanità per la CISL FP veronese e con tutti i delegati sul territorio, nel cercare di sostenere, per quanto possibile, i lavoratori degli ospedali scaligeri ormai stremati da mesi di turni massacranti, da un trend che li vede ammalarsi ad un ritmo impressionante. Lo documentano le centinaia di denunce Inail per infortunio che quotidianamente sono trasmesse dalle aziende sanitarie veronesi.

"C'è spesso una sottostima della gravità della situazione", conferma Nundini, "ormai si spostano in area ad alta intensità lavoratrici e lavoratori con diverse limitazioni per far fronte alla mancanza di personale". "Le ultime video conferenze periodiche con le Amministrazioni", rincara il Segretario alla sanità, "assomigliano alle riunioni del Regio Esercito poco dopo la disfatta di Caporetto in cui Cadorna continuava a dire che era colpa dei fanti che non si erano fatti travolgere in trincea".

Tant'è che la preoccupazione di qualche Direttore Generale, che forse ricorda ciò che accadde a Codorna quando perse il Veneto, resta ancora quella del leso onore dell'immagine, con tanto di pubblica minaccia di perseguire chi, ormai senza più forze e forse speranze, si è rivolto ai media per denunciare la situazione in cui quotidianamente lavora.

Caporale ERMINIO PAMPURI  A 19 anni sotto le armi  Angelo Nocent

E in trincea ci siamo davvero. Così non può andare avanti. Serve un chiaro cambio di strategia, servono chiare scelte non solo organizzative, ma anche e sicuramente politiche. Vi basti prendere i dati delle rilevazioni che fotografano la situazione quotidiana all'interno dei Pronto Soccorso della provincia. Il 15 dicembre, ad esempio, alle ore 15:30 mentre nei due PS dell'Azienda Ospedaliera transitavano ben 88 pazienti, in quelli della ULSS9 Scaligera i pazienti erano più di 160. Un numero enorme (250), spropositato se consideriamo che quasi la metà erano codici rossi e gialli. Codici che oggi, rispetto al passato, corrispondono in larga parte a patologie respiratorie serie e che, stante le statistiche ormai consolidate, significano Covid.

"Ora, stante la elevata saturazione delle aree ad alta intensità di cura, questi pazienti finiscono per transitare all'interno delle OBI (Osservazione Breve Intensiva)", spiega Giovanni Zanini, "che ormai così breve non è, visto che rispetto alle 48 ore massime previste dalla norma oggi si parla anche di 4 o 5 giorni". "Quattro o cinque giorni", sottolinea Nundini, "in cui questi numeri sfuggono al computo, visto che chi è in OBI, in attesa che si liberi un letto nell'area di cura, non è tecnicamente ricoverato".

Ormai nei pronto soccorso della provincia si lavora nelle tende, spostando bombole a destra e a manca, sperando che nei reparti, anch'essi ormai in seria difficoltà, si liberi un letto. "Perché oltre all'allungamento dei tempi in OBI", ribadiscono i delegati CISL FP, "assistiamo negli stessi  ad una concentrazione ormai oltre al limite, con situazioni in cui dove dovrebbero essere assistiti 7 pazienti infermieri ed oss si trovano a gestirne il doppio".

Siamo arrivati ormai al punto in cui chi è in part-time rientra, se pur su base volontaria, a tempo pieno per supportare la situazione territoriale delle case di riposo. Appare evidente che gli spazi di manovra si restringono ogni giorno che passa e che serve accelerare ogni procedura di assunzione, censire ogni attività sanitaria procrastinabile per recuperare risorse, accelerare le dimissioni depurandole da lungaggini burocratiche, ma soprattutto comprendere che forse è il momento di scelte drastiche. 

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