CISL FP Verona. 1° maggio 2022. Stefano Salaorni interviene dal palco di Piazza dei Signori



Dal palco delle celebrazioni del 1° maggio 2022, che si sono tenute a Verona in Piazza dei Signori, è intervenuto, in rappresentanza dei lavoratori del "care", Stefano Salaorni, Segretario provinciale della Sanità Privata, nonché parte del team che il Cisl Funzione Pubblica Verona segue e tutela le lavoratrici ed i lavoratori della sanità scaligera.

Riportiamo, rinnovando l'impegno della CISL FP veronese in favore ed a sostegno degli operatori del pubblico Impiego, a fronte anche dell'ottimo consenso ricevuto nel rinnovo delle RSU di aprile, il discorso di Salaorni.

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Buon 1° maggio a tutti. Grazie per essere quì oggi per celebrare l’unica cosa che offra una vera dignità ad ognuno di noi: il lavoro! Buon 1° maggio alle lavoratrici ed ai lavoratori tutti!. Sono un operatore della Cisl FP di Verona e faccio parte del team che segue la Sanità. Per quest’ultimo ruolo, che da solo avrebbe poco valore e che mi obbliga a ringraziare tutti i colleghi che mi affiancano, oggi forse ci si sarebbe aspettato da me il tradizionale intervento sul quadro della sanità, con tanto di dati pandemici, di numero di posti letto per abitanti, di morti, di vaccinati e non vaccinati, sospensioni, mascherine.

Ho scelto di non farlo! Perché volevo evitare la solita replica televisiva dei numeri, perché penso, anzi ne sono convinto, che oggi, qui, in un’epoca segnata da un virus maledetto non ci sia più spazio per la commiserazione, ma sia il momento in cui insieme si debba condividere l’idea di un ruolo, il nostro, che non è mai stato tanto sociale come ora, solidale come ora, pubblico come in questo momento; in un tempo che ha scompaginato le nostre consuetudini e dove le lavoratrici ed i lavoratori della sanità pubblica e privata hanno garantito ai cittadini tutti, nessun escluso, un sistema sanitario universale.
Non dobbiamo dimenticarlo, perché già oggi qualcuno, dalla memoria labile, innanzi ai rinnovi contrattuali fa finta di non ricordare. Finge di non sapere che, se la grande macchina della salute pubblica è andata avanti quando il pianeta rallentava, il merito è delle donne e degli uomini che vi lavorano e che, badate bene, non hanno mai chiesto lo status di angeli, ma hanno sempre e solo ribadito per molti anni quello che la pandemia ci ha mostrato senza veli: tagli lineari che hanno indebolito il sistema sanitario, le sue strutture, gli organici. Che non hanno favorito il turn over imponendo turni h24 ad un personale che ha un’età media tra le più alte d’Europa. Ci ha raccontato di un paese dove ci sono voluti 14 anni per rinnovare un contratto ai lavoratori della sanità privata. così tanto privata che, per poi rinnovarli quei contratti, metà dei soldi li ha messi la regione, soldi pubblici. altro che privati. Ed è a fronte di queste verità, che nessuno racconta, che oggi ci si aspetterebbe una vera sinergia tra pubblico e privato, piuttosto che una concorrenza. perché la collaborazione sul territorio non sia solo “curo solo se guadagno”, ma semplicemente curo. Curo tutti, bene, con la celerità che una persona sofferente si aspetterebbe.

Una pandemia che ha preso un bel evidenziatore e lo a passato sulla parola “territorialità’” per soffiarci forte in un orecchio che non può esserci una sanità efficace nell’emergenza se non c’è prevenzione e che la prevenzione attiene al territorio e che sul territorio ci sono le case di riposo, le IPAB e che sanità pubblica e funzioni locali sono profondamente interconnessi. Lo dimostrano le decine di infermieri assunti nella sanità ed allocati per fronteggiare la carenza di organici nelle RSA. Non c’è prevenzione senza una rete di assistenza sanitaria territoriale. e lo abbiamo toccato con mano. E se qualcosa si é fatto per contrastare l’emergenza, é sempre grazie a quei lavoratori, angeli e demoni a giorni alterni, che hanno lavorato senza sosta per riconnettere salute e territorio. perché è sul territorio che le persone vivono, lavorano, respirano.

Dobbiamo ripensare ad una rete inclusiva, anche nella tutela dei diritti di chi vi opera, dove sanità (pubblica e privata), RSA e Terzo settore, cui abbiamo demandato l’assistenza ai più deboli, sappiano lavorare insieme eliminando quel fossato contrattuale non più accettabile per chi fa lo stesso lavoro con contratti diversi, con diritti diversi, con stipendi diversi. Dico tutto ciò da operatore di una sanità martoriata, dove turni, riposi, recuperi sono diventati premi da ruota della fortuna, dove licenziarsi da un posto pubblico a tempo indeterminato è una liberazione, dove gli spostamenti dell’emergenza hanno assunto le dimensioni di un esodo e non sappiamo più chi lavora e dove. Lo dico per ricordare che negli ospedali, dello smart working, ha beneficiato meno del 10% del personale perché non si può curare a casa un malato. lo stesso dicasi dei congedi familiari per l’emergenza, relegati ad una esperienza onirica per quella sanità dove gli operatori si infettano a decine ogni giorno. anche ora.

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Consentitemi di chiude
re offrendo una risposta a coloro che ancora oggi, per una politica troppo spesso opportunistica, vogliono dividere lavoratori privati e pubblici e che, anche nella crisi epidemiologica, hanno sostenuto che il pubblico impiego tutto sommato è stato super garantito a fronte di un disagio collettivo. L'OMS stima che tra gennaio 2020 e maggio 2021 nel mondo 115.500 sanitari o operatori al care siano morti a causa del Covid. In Italia sono 4.000. E a fronte di tutto ciò ancora discutiamo delle risorse per rinnovare il contratto scaduto. Giudicate voi se questo significa esser super garantiti.

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